venerdì 26 settembre 2008

Le Meteore del Calcio Italiano: Gerardo Federico Magallanes González

Porta il cognome di un grandissimo conquistatore portoghese del XVI Secolo, ma dell'Italia questo calciatore, conquistò ben poco. Se non fosse stato per non essersi affermato allo stesso modo del suo omonimo, la sua fugacità l'avrebbe legato in maniera eccezionale a questo grande personaggio storico. Gerardo Federico Magallanes González nasce a Montevideo il 22 agosto 1976. Inizia la propria carriera da giovanissimo, nella squadra più blasonata dell'Uruguay: il Penarol di Montevideo. Gioca con una certa continuità e mostra grandi doti tecniche, si parla di un vero e proprio "craque" calcistico, che potrebbe trascinare pure la propria nazionale e fare grandi cose. Pur essendo molto giovane mostra grande personalità ed una facilità estrema nel dribbling. Non è molto chiaro il suo ruolo, un misto tra il centrocampista e la punta, che nel calcio moderno probabilmente verrebbe definito come seconda punta. Il giovane uruguagio vince ben due titoli con la squadra a strisce giallonere, quindi è inevitabile che vengono poste delle attenzioni particolare su di lui. Non gli manca nemmeno il fiuto del gol, riuscendo a segnare 10 reti in 34 presenze.

I primi ad osservare il giocatore furono i bergamaschi dell'Atalanta, noti solitamente per crescere ragazzi nel proprio vivaio, raramente però stranieri. Stavolta, pare ci sia la possibilità di fare un'eccezione, perchè come dicono gli osservatori: "il ragazzo merita veramente, farà faville nella Serie A". L'accordo viene concluso e nel 1996 Magallanes farà la sua prima tappa italiana, approdando appunto all'Atalanta. Arriva acclamato come il colpo del mercato estivo dei neroazzurri, ed i tifosi non vedono l'ora di vedere le gesta tecniche di questo "fenomeno". Sulla panchina c'è un allenatore tosto: Emiliano Mondonico; uno che se non gli piaci, non ti fa scendere in campo. Tra l'altro nelle file dell'Atalanta ci sono un certo Filippo Inzaghi e Gianni Lentini che segnano a raffica, sostenuti alle spalle da un numero 10 come Domenico Morfeo. Insomma, la strada per diventare titolari pare in salita. Il ragazzo ci mette del suo e nelle occasioni che gli vengono date si concentra più a cercare la giocata spettacolare, invece che realizzare qualcosa di concreto. Purtroppo, nessuno gli ha insegnato che in Italia conta il risultato e basta, che qui i giochetti di prestigio non vengono premiati. Mondonico lo mette spesso in panchina, preferendogli altri giocatori e concedendogli praticamente le briciole.

I tifosi sono delusi dall'acquisto flop, ma sostengono sempre Magallanes quando entra in campo, anche se si mangia dei gol clamorosi. Nessuno se l'aspetta, ma nel 1998 arriva la chiamata del Real Madrid. Ma come? - si chiedono i tifosi - I galacticos vogliono questo qui? Inizia a non quadrare qualcosa, oppure qualcuno dalla Spagna ha sbagliato il tiro. Fatto sta che dopo due stagioni il ragazzo di Montevideo se ne va a Madrid con il misero bottino di 24 presenze e 3 sole reti. Qualcuno in casa madrilena si accorge dell'errore fatale e capisce che il ragazzo non è materiale da Real. Non scende mai in campo Magallanes che vede il sogno di vestire la camiseta blanca svanire dinnanzi ai suoi occhi; 0 presenze per lui e cessione obbligata. Viene girato in prestito al Racing di Santander, ma raccoglie prestazioni simili a quelle ottenute a Bergamo, finendo con 17 presenze ed 1 gol. Crea molta difficoltà l'adattamento ai ruoli che gli vengono proposti. Teoricamente sarebbe - come detto prima - una seconda punta, ma i limiti di continuità in fase realizzativa gli impediscono di esplodere definitivamente. Viene comunque chiamato per partecipare alla Coppa America del 1999 dall'allora ct Pùa; segnando pure due rigori nei quarti e nella semifinale che portano il suo Uruguay in finale. L'avventura, però, finisce con l'argento, poiché dall'altra parte lo score segna: Rivaldo, Rivaldo, Ronaldo e Brasile Campione.

Ci vuole un cambio netto e Magallanes decide di tornare a respirare l'aria di casa, ma stavolta lato Defensor Sporting. Qui si rivede il grande estro e talento di questo calciatore ancora giovane, poiché ha ancora 24 anni. L'aria di casa fa molto bene a Federico che conquista tutti con le sue prestazioni e riesce pure a guadagnare una certa confidenza con il gol, finendo la sua stagione con 21 reti in 32 presenze, un'ottima media e record personale in carriera. E' un ragazzo di carattere determinato - e nonostante le offerte provenienti da club importanti - vuole dimostrare tutto il suo valore in Italia; non accetta l'idea di essere passato come "brocco". L'unica in Serie A che mostra un interesse per lui è il Venezia di Zamparini, non un ambiente facile in cui riniziare da capo per convincere tutti, ma il ragazzo - abbiamo detto - ha carattere. La stagione alla laguna sarà la sua più prolifica in Italia, ed è tutto dire: 5 gol in 23 presenze, si torna ai ritmi noti dai tifosi bergamaschi ed ora anche a quelli di Venezia.

Tutti si aspettano una nuova fuga o un'altra stagione nell'ombra, ma arriva il Presidente del Torino - allora ancora Romero - che riporta i granata a puntare ad una posizione ambiziosa dopo troppi anni passati a soffrire e decide di comprare l'urugagio per completare il reparto offensivo. Tutto pare pronto per il salto di categoria, e Romero lo presenta ai tifosi come "un mix tra Best, Meroni e Gento". Di Best avrà avuto lo stile di vita, di Gento la lingua e di Meroni solamente la M del cognome; per il resto non si nota alcuna somiglianza nel modo di giocare, ma Romero si sa, intenditore non lo è mai stato. Il giocatore pare pronto a dimostrare il suo valore per l'ennesima volta e non avrebbe manco avuto bisogno dell'introduzione da parte del presidente, parla per sé stesso: "sarà l’anno della mia consacrazione, deciderà l’allenatore dove farmi giocare, ma io posso giocare ovunque, perché i grandi giocatori possono giocare ovunque". Pochi fronzoli insomma, si passa ai fatti, ma ci pensa Mazzola a calmare gli animi di tutti dicendo che il giocatore deve ancora dimostrare tutto e sarà importante per lui quanto per il Torino questa stagione. Bene, detto fatto, l'annata si conclude con la retrocessione del Torino in Serie B ed una sola rete di Magallanes in tutto il campionato (17 presenze): fallimento bilaterale e fatale. Nonostante tutto, viene chiamato - sempre da Pùa - a partecipare al Mondiale del 2002, dove l'Uruguay verrà eliminato subito ai gironi in maniera piuttosto deludente.

Quella di Magallanes è una vera e propria fuga dall'Italia, poiché se ne perdono letteralmente le tracce, fino a che non viene tesserato dal Siviglia, dove fa solamente qualche sporadica apparizione (5 presenze e 1 rete), per poi disperdersi nuovamente per un'altra stagione, teoricamente tesserato per l'Eibar, ma mai sceso in campo. Si ferma per altro tempo per poi riprendere nella Ligue 2 francese, precisamente nel Digione, ma si vede che ormai il calciatore non ha più stimoli e sa che è giunta l'ora di smettere. Seppur non abbia mai lasciato il segno, nessuno lo ha mai criticato in Italia, e tutti lo ricordano come un giocatore forte, ma mai esploso; sarà per simpatica o per compassione, ma ha lasciato bene poco alla nostra Serie A. Pare che anno scorso si sia ritirato ma non ce ne è l'ufficialità vera e propria. Probabilmente - con il cognome ed il carattere che si ritrova - sarà salpato all'arrembaggio di un'altra avventura...


Articoli Correlati



Nessun commento:

Posta un commento